Le sindromi dolorose che colpiscono il piede del ciclista sono molto frequenti, ma una corretta posizione e talvolta alcuni presidi ortopedici riescono a risolvere situazioni anche gravi. Analogamente, il tendine d’Achille è soggetto alle stesse condizioni derivanti da un errato appoggio. Analizziamo in breve problematiche e rimedi.
Tra gli atleti che compiono molti chilometri in vista delle gare, diversi soffrono di sindromi dolorose al tendine calcaneare, che li costringono a interruzioni, anche brevi, della preparazione. Le cause principali spesso sono da cercare nell’obbligo di pedalare in modo non corretto: quando il piede è troppo in avanti rispetto all’asse del pedale, si crea una situazione di chiusura sul tendine che comporta una compressione del tendine stesso sul calcagno e ciò avviene quando il pedale raggiunge il punto morto superiore, a pedivelle poste in verticale. Le cause dell’eccessivo avanzamento del piede possono essere determinate dal tacchetto troppo avanzato, dalle scarpe inadeguate, dalle pedivelle troppo lunghe, dalla sella che punta verso il basso o da un elevato regime di rotazione dei pedali.
Pedalare troppo in punta significa utilizzare in modo errato il movimento della caviglia, che invece con la sua mobilità è la salvezza del tendine. La correzione delle tacchette va effettuata cercando l’assialità dell’articolazione metatarso-falangea sul pedale e, nel caso in cui la situazione negativa persista, è opportuno trasgredire alla regola spostando posteriormente le tacchette e sgravando il lavoro dell’avampiede. Le pedivelle troppo lunghe generano una compressione dovuta alla chiusura del calcagno verso il muscolo soleo, che innesca la forma infiammatoria. È un errore comune ai brevilinei, che regolano la lunghezza delle pedivelle sulla base della loro altezza, non considerando che i loro arti inferiori non sono proporzionati al tronco. La punta della sella verso il basso origina in parte la stessa situazione sul calcagno, provocando lo scivolamento dell’atleta verso l’anteriore della bicicletta.
Anche una deformazione morfologica può dare inizio alle patologie del tendine del calcagno: è il caso di dismetrie molto accentuate (oltre 1 cm) sugli arti inferiori o di insufficiente lunghezza del tendine. In questi due casi è opportuno consultare un ortopedico, che valuterà la necessità di riequilibrare la postura utilizzando degli appositi spessori. Il fai da te in questo caso è molto pericoloso, poiché l’utilizzo degli spessori sotto alle tacchette spesso provoca delle turbe biomeccaniche molto dannose. La dismetria, se realmente esiste, deve essere identificata da professionisti, partendo dal concetto che in base al segmento articolare (femore o tibia) la procedura di correzione è differente.
Il bruciore al piede
I bruciori ai piedi sono spesso l’effetto di un errato carico sulla suola. Non sempre si risolve il problema solamente equilibrando l’appoggio della volta plantare, spesso la soluzione giusta è la distribuzione delle forze su tutto il pavimento plantare. Questo significa che non è sufficiente un generico plantare per correggere la spinta, ma esso deve essere scelto in funzione dell’allineamento delle tacchette e delle caratteristiche motorie dell’atleta. La rilevazione dei carichi di appoggio si deve effettuare con strumentazioni che misurano le pressioni in movimento, perché l’analisi statica da sola è spesso approssimativa, sufficiente al limite per una corretta deambulazione e non certo per lo sforzo richiesto da una gara ciclistica. Concorrono a generare bruciore ai piedi anche un’insufficiente aerazione; risultano quindi importanti la tomaia e il tessuto della calzatura e la chiusura della scarpa, che non deve essere mai esagerata. magari giusto in vista dell’ultimo chilometro, per lo sprint decisivo. A tale proposito i moderni sistemi di chiusura a strappo più rotore sono molto comodi in corsa.
Un’altra causa di bruciore riscontrata è il valgismo del retro piede (all’opposto del varismo tipico di molti giocatori di calcio), tipico di chi ha iniziato l’attività ciclistica nelle categorie giovanili. La caviglia risulta flessa verso l’interno del pedale, provocando una compressione molto elevata all’altezza del primo e secondo metatarso, tale da rendersi necessario un plantare di scarico. Arretrare il tacchetto anche in questo caso può essere una soluzione momentanea, in attesa delle ortesi. In questo caso anche la scelta delle scarpe può essere determinante, con una suola piuttosto stretta che evita un movimento laterale doloroso.
Ortesi plantari
Per evitare problemi complicati da risolvere, esistono oggi dei sistemi di valutazione molto approfonditi che possono mappare la volta plantare, definendo i picchi di carico di pressione, oppure verificare la dismetria degli arti inferiori. Queste strumentazioni, utilizzate dai tecnici podologi, servono per riconoscere il grado di dismetria oppure la conformazione dell’appoggio plantare ed eventualmente consigliare ortesi capaci sia di stabilizzare il movimento degli arti, sia di equilibrare la pressione applicata sulla suola della scarpa. In casi estremi di particolare morfologia del piede si arriva a realizzare una scarpa su misura.
Essendo possibili modifiche post realizzazione, i plantari devono essere corretti in base alle caratteristiche morfologiche di pedalata dell’atleta, dopo una prova su strada. Generalmente si interviene manualmente sulla scarsa flessione (nei punti di massima sollecitazione) del materiale con cui il plantare è realizzato.
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